Spazzolando i capelli, dividendoli in due parti, fermandoli con gli elastici, arrotolarli su se stessi, legandoli.
Ecco, ripensando al legare mi sono chiesta quante di quelle vite di attimi persi nella memoria del sedersi a terra o del poggiare i gomiti sul bancone bagnato potessero essere vive.
Un po’ come Jim Morrison che chiede: “Quanti di voi sono vivi? Quanti di voi pensano di essere veramente vivi?!”
Perché non trovavo eccezioni nella confusione. “Dove sono gli altri?”, mi son chiesta.
Vedevo i movimenti lenti e l’equilibrio mancante, i passi azzardati e i baci istintivi e il ruotare intorno, le braccia pali di mulini in disuso, il pianto nero e la pena e dove diavolo sono i suoi amici, la furia alcolica del dammi da bere e io che verso acqua, si. Da non rendersi conto. Sottratti ai rumori. Sottratti alle luci. E domani vorranno cancellare, o ricordare tutto fino al momento ultimo del posare i capelli sul cuscino, preferibilmente arrivarci fino al letto. Open Bar di ieri. Affondando nella mediocrità.
Occhi, giuro che li ho divisi, in totale indifferenza e nello scrutare perso nel vuoto delle iridi, come se niente ci fosse oltre.
Anch’io ero così? No, io Sono. Poche le persone da voler tenere. Una, forse due. Da legarsi ai pensieri.

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