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Visualizzazione dei post da febbraio, 2005
  C’è un corpo di terra imperfetta e grezza che esce fuori da una tela… Ah ma il blu è altra cosa… L’acqua si che è perfetta. Fluida. Fluisce.
Loro vivono in asfissia Ci stanno strette ma si mostrano e non pretendono e non chiedono Loro sono la natura nel suo momento d’introspezione, come nelle mezze stagioni (non esistono più? Io le fermo qui) dove il lavoro lo fa l’uomo e la natura si muove meno notata, in silenzio eppure crescono i fiori, eppure cadono le foglie. Loro sono gli spiriti della Natura con la enne maiuscola. Intrappolati dall’uomo e ancora in cerca di libertà mai statici sempre in volo anche quando coperti da brutture imposte, costrette. Loro non entrano ma non scoppiano. Si mostrano in costrizione dignitosa. Nell’attimo in cui. Intrappolate. Vivono. E in uno spazio così solo sola puoi stare. È il tuo unico spazio e ti va stretto, così inventi altre creature che possano star strette al posto tuo, ma chiuse, chiuse nello spazio e chiuse verso se stesse che il mondo è più stretto della tela stessa. Introspezione che torna, almeno, in apparenza. (Le foto a lavoro decente  e compiuto, se decente e se compiuto)
E anche stanotte, nonna, per la seconda volta, in sogno. E anche stanotte uno strano sogno. Quante lacrime. Tante lacrime. Io sul letto ad urlare e volevo solo l’infermiera sconosciuta accanto, che madre, madre di madre e dottore non servivano a nulla, compassionevoli e professionali con aria di rimprovero. Altra notte, altro sogno, lasciavo volutamente la tela blu alla fermata del tram, poi quando andavo a riprenderla era gonfia di pioggia e piena di crepe e ditate.  
Ma che me ne faccio di poesie sconclusionate nelle tasche e di molteplici idee senza contorni custodite nel mio cappelloportamerende? Io sono fatta d’acqua.
“è il movimento delle cose e delle persone che distrae e persino consola. Se le foglie non si agitassero come sarebbero tristi gli alberi, e noi pure” Edgar Degas
(Karate - Not To Call The Police) Penso allo zucchero filato che si appiccica e non se ne va più e cerchi una fontanella nel parco, poi alle mascherine che eravamo due scemi che cercavano con gli occhi gli occhi dei bambini mascherati, poi penso alle stelle filanti e alle crostatine al cioccolato, penso che ora forse sarei in ritardo per la cena e scriverei un messaggio per avvisare del mio ritardo perché sto aspettando il treddodici e invece sto qua che ho già finito la cena e mi hai insegnato anche a bere il caffè dopo cena ed è patetico questo pensare e piangere sul nulla che di nulla si tratta e a me che dita che stringono dita e mi resta solo il vuoto che ho sempre temuto che ho sempre nascosto e che ho sempre conservato in fondo in fondo e ancora più in fondo e che non si è mai impossessato di me, solo talvolta doveva farsi sentire ed uscire un po’ fuori sottoforma di lacrime, era il nostro accordo segreto, fra me e il vuoto e invece oggi ci ho litigato e ognuno faceva quel che v
Me la regalate una bicicletta per il compleanno? Tanto dopo Marzo arrivano gli altri mesi e poi arriva l’estate e posso cantare California Dreamin’ giù per le strade dove siete passati migliaia di volte. Niente colori strani, nera o verde o viola o prendetemela bianca e coloratela voi. Meno nove giorni, anzi, - 9 come mi scriverebbe Caterina.
(The Veils – Lavinia) Paura. Ma come paura? Come posso farne? Poi scopri di poter sembrare altezzosa e ti chiedi ma come, come, ma proprio la tua immagine, ma proprio nei suoi occhi? E invece nei tuoi occhi riflessi nel bicchiere di plastica, con aspirazioni di altezzosità che magari poi non pensino di poter mettere i piedi su di te che c’è già sporco e lucrano sui tempi, io che vorrei non finissero mai i miei tempi, poter regolare orologi e strappare pagine di calendari a mio piacimento, sono sette ore che sono passati sette anni e perché non provi? Poi all’improvviso ti addormenti con il cellulare vicino al cuore (i più attenti penseranno che fa male e i più sensibili penseranno che fa male, ma non penseranno alla stessa cosa) e senza suoneria per non disturbare l’impressione che squilli e perché il tuo sonno non sarà profondo nell’attesa, dopo qualche ora ti rendi conto che invece ti sei addormentata davvero e lo cerchi fra le coperte e pensi all’ansia del non sapere, acc
Ma è odore di zucchero filato il tuo? Di delicatezza di fiaba che si, sei la protagonista della tua stessa fiaba, caparbia e sognatrice, erik satie in sottofondo, rende immagini in parole, traducendo dagli occhi passando per il cuore. Delicata, ho detto, quella delicatezza forte e ferma che si aggrappa all’anima che no, non perderai, perché si aggrappano anche le parole e ritornano . Ritornano come carezze nei desideri. Sempre diverse sempre tenere sempre profumate sempre aggraziate. Sempre lucenti come la stella rossa piccina “così”, mostrando la grandezza fra il pollice e l’indice.
Il mio cane ora è lucido e profumato ed ha uno sguardo compassionevole e spera di non dover essere mai più lavato in vita sua! Oh, povero cane pulito!
Le fiabe, le fiabe, dimmi tu, da una storia illustrata, matite e chine, capo chino su pastelli da voltare, in un violino una viola da innaffiare, da una strada la mia luna liquida che affoga in un tombino, e giù sette sfere d’acqua a rotolare per la salita che solida resiste ai giochi di luce continua degli specchi stanchi fra le corde degli unicorni. Volta la pagina come volta la carta e oplà niente vita cittadina, di nuovo capo chino su pastelli da voltare da riempire, edulcorare. Mondo di sogni monopurezza.
Ma com’è che lo spavento solo con poesia? Ha paura e la chiama esagerazione, ma quegli occhi, quei sorrisi, quella forza sono così reali!
“Non lo so” “Non lo voglio sapere” Che differenza fa?!
14-02-05     (16,37) Poi ho scoperto che dio era il mio tabù. Non ne parlavo mai. Né sapevo sentirne parlare. Anni ed anni di. L’incompiuto è il mio risparmio energetico e il tuo dispendio.
14-02-05     02,34 Non apparivo mai nelle sue immagini perché nella sua vita ero più di un’apparizione Ma volatile come gas, come fiaba del – nessun “ c’era”,  perché  “una volta”  basta e avan za – Con l’estate diventavo meno appariscente ma più presente nelle sere. Non cambiavano le cose, uscivo di più e Roma offriva più cose, potevo essere un po’ più vicina, consistente, meno eterea. Ma tutto riprendeva forma originale poi. Peccato. La forma del peccato.
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Essere qui... è una meraviglia...
"...Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque. Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna. So che finché vivo niente mi giustifica, perché io stessa mi sono d’ostacolo. Non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche, e poi fatico per farle sembrare leggere." Wislawa Szymborska
Se scendessi dalla fine, senza la scopa, pensa a quanti scoiattoli farei contenti. Andrè, vivo su altre altezze. Tra noi due, fra me e te, siamo in troppi. Intoppi. Ma tu resta, che di poesia non ce n’è mai abbastanza. …e un altro concerto dei PGR . Ci speravo.
Concerto dei PGR . Folla. “Ma tu sei dell’accademia?” Solo io mi emoziono con una frase del genere. Parte due. “Si”… mentre rimettevo la testa sotto al telone umido per riappropriarmi della folla… due secondi e lo riguardo… “Si, ma… come fai…? Ci sono stata due o tre volte!” “Sono un pittore io!” Sorriso… e via… Poi avrei voluto dire di farmelo notare in accademia che la sua faccia al buio e nella fretta e con la voce di Giovanni in sottofondo era tutta sfocata, che la vista era oscurata dal sopravvento di altri sensi. E viaaa!!!
Intolleranza Esuberanza Autocompiacenza Le tre gocce che fan traboccare lo stesso vaso. Non si può dire che non sia una persona paziente… Sono cambiata… e cosa son diventata? Meglio, peggio, istinto, ragione…
“Si, lo so, ti guardavo le mani” Solo io mi emoziono con una frase del genere? Cioè, guardava io che mi emozionavo? Bello, come crema e frutti di bosco. E biscotti al burro sul fondo del bicchiere.  
Giro senza il mio zainoguscio perché l’ho dimenticato fuori casa, così come ho dimenticato di tornare a casa la scorsa notte e forse è stato un bene. Sono due ore che aspetto di essere informata sul da farsi serale e vorrei dirlo a tutti senza dir nulla e senza che nessuno chieda davvero. Non trovo neanche le mie orecchie a punta. Niente maschere per me stasera. Ed ecco che poi fra le dita non mi resta nulla, solo promesse a riecheggiare, solo la speranza di poterci credere ancora. Voglio un cuore nuovo. Più buono. “Infantile” ha detto Andrea, ed ha ragione, ha questo suono infantile e già visto e raccontato, come la classica delle storielle da film americano. Divento allergica a questi andirivieni emozionali. Rivoglio il mio zainoguscio. E suoni nuovi. Nel suo non-arrivo mescola in lontananza i miei desideri. Non sarebbe meglio se? Non sarebbe neanche peggio. Non sarebbe neanche meglio. Non sarebbe e basta. Perderebbe senso e identità. Che soffiando sul polline sembra di av
Come se non avessi chiesto altro. Ho coltivato questo in un anno? È cresciuto sotto stenti e flebili sospiri assieme al distacco che feroce arriva. “Non lo so più” e “Ci devo pensare” E io che dovrei pensare? Né la sua piccola bambina che anche stavolta l’ha fatta grossa Né la donna senza ritegno che respira con la testa sotto alle lenzuola. Cos’è che ha trovato per attaccare così in basso? Quanti danni che ho fatto, si, lo ammetto, e me ne stupisco anche di riuscire ad essere così tanto cattiva e così tanto ubriaca da dovermi vergognare per cose che sono ricordi suoi, perché i miei si sono cancellati nel sonno. Ma adesso che vorrei restarti accanto… rimanere… Penso a quando dicevi che non eri sicuro di farcela perché meritavo qualcosa di più. A tutte le promesse A come questo può essere il colpo di spugna per tutto ciò che non va più. Decidere se vivere con una bomba inesplosa accanto… e lo capisco, per uno che vuole tranquillità e certezze. Non è la prima volta
20-01-05    11,00 Lui è la mia mancanza che non voglio riempire. Manca. Come qualunque altra cosa. Mi manca chiunque.
18-01-05    02,29 Mi ha prestato un libro e dentro trovo i sedici anni divenuti adolescenza (un bianco adolescenza) con una malinconia che soffia su di noi. Piangevo mentre ascoltavo la canzone che aveva creato e dentro c’eravamo noi nello specchio e io non piangevo e tu cercavi parole. Piangevo sempre nei nostri incontri. Perché lui era di nuovo là… con me… di nuovo mio… il mio rimedio e il mio dolore… non più mio… “Che stupidi…”, ha detto, “in fondo è passato un anno!” …In superficie forse, in fondo no…
16-01-05    03,36 E secondo te mi sta cercando? Mi chiama? Mi cerca? È chiarezza questa? Domanda rossofuoco e non una risposta blu vorrei.  
Si può fare dell’incomunicabilità un’arte? Cercherò approvazione in accademia.
Ognuno fa quel che pensa Rubare frutti altrui. I frutti dei vicini sono sempre più verdi. I frutti lì vicino sembrano più appetitosi. Ognuno fa quel che gli pare Senza creanza coglie usurpando dall’orto d’ingratitudine. La storia di Adamo ed Eva, della mela, sembra riassumere alla perfezione questa situazione.