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© cluricaun - 2005 - Fata Silvietta E non è questione di riempire il proprio cuore d’amore, è l’averne di nuovo tutto per sé e non sapere come incanalarlo verso se stessi, come se fosse davvero troppo, in più… e non si sa a chi indirizzarlo. “…aprimi tutte le vie che non perdo tempo…”
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© cluricaun - 2005 - Fata Silvietta E non è questione di riempire il proprio cuore d’amore, è l’averne di nuovo tutto per sé e non sapere come incanalarlo verso se stessi, come se fosse davvero troppo, in più… e non si sa a chi indirizzarlo. “…aprimi tutte le vie che non perdo tempo…”
Vorrei rivedere quella scena, rivedermi mentre parlo e sorrido nonostante tutto con le lacrime agli occhi, non per masochismo, vorrei rivederla solo per capire dov’era il nuovo meccanismo e a che punto le rotelle si sono messe a girare nel senso opposto. Ma sono ancora un po’ più lontana, sia dalla soluzione che da dove vorrei (dovrei?). Da una parte poi tolto il senso di fastidio sarei curiosa, egoisticamente intendo, vorrei vedere che effetto gli fa e che effetto fa poi su di me, ma il fastidio non si toglie per curiosità e passerò la notte con il naso nel giardino e a fare bolle di sapone o fotografie.
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© cluricaun - 2005 -   Balàzs Kicsiny - Fonti d'Acqua Lo dicevo che mi sentivo osservata, almeno io ho avuto il buon senso di dire che mi piaceva seguire certe tracce. Dovrei cambiare casa. O cambiare occhi.
Nel sogno avevo solo troppa paura di sorridere e sangue nella bocca.
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© cluricaun - 2003 Mi racconti ancora la storia della fata verde e del marinaio? Ma sei diventato troppo grande questa volta, ti aspettavo qualche mese fa…
E così mi verrà la fragolite befanus perché un giorno non ho prestato ascolto ad un anziano signore che mi parlava di medicina cinese. Aha, ho ricevuto in dono l’acqua delle fate, la mattina è un piacere stare ore a dimenticarsi del freddo che c’è fuori. No, scusa tu, non ho sentito proprio bene, vorrei che me lo ripetessi e stavolta senza la presunzione che mi attribuisci e senza le supposizioni che fai mentre mi guardi- Aha, gioco sempre pensandoti ma questo non lo dico più, non ne parlo della rabbia e del gusto, così ti dico io, scusa potresti ripetermi “scusa” così posso mettere l’orgoglio a tacere? Poi potresti lasciarmi tre lustri in pace e tornare quando avrò lustrini vicino agli occhi e capovolgermi le decisioni o capovolgermi e basta? …grazieee!!! Con gratitudine, nome e cognome.
E così mi verrà la fragolite befanus perché un giorno non ho prestato ascolto ad un anziano signore che mi parlava di medicina cinese. Aha, ho ricevuto in dono l’acqua delle fate, la mattina è un piacere stare ore a dimenticarsi del freddo che c’è fuori. No, scusa tu, non ho sentito proprio bene, vorrei che me lo ripetessi e stavolta senza la presunzione che mi attribuisci e senza le supposizioni che fai mentre mi guardi- Aha, gioco sempre pensandoti ma questo non lo dico più, non ne parlo della rabbia e del gusto, così ti dico io, scusa potresti ripetermi “scusa” così posso mettere l’orgoglio a tacere? Poi potresti lasciarmi tre lustri in pace e tornare quando avrò lustrini vicino agli occhi e capovolgermi le decisioni o capovolgermi e basta? …grazieee!!! Con gratitudine, nome e cognome.
Ho una sorpresa nel cuore Come una gemma in attesa di.   Mi contava le vertebre. E i lividi. Ho visto un sorriso andare ma avevo altro in mente, protesa verso l’oltre, quando sono in treno non esistono le ore e neppure la stanchezza, avrei detto “Sto arrivando” ma l’ho fatto solo una volta, poi ho portato a casa un secchio d’acqua avendo cura di non perdere nulla. La cartella ha un nome, si chiama Estate, lì mi regalava  sacchetti di terra, io li annusavo e potevo scavare fino alle sue mani.   Scorrono occhi qui. E speranze. Non annaffio le mie piante ma non disdegno la pioggia.
(Come (la mia unica debolezza) - Marian Trapassi) Ed oggi invece mi ero mascherata da fiore ma non ha funzionato. Malinconia dei pensieri. Arancione e verde e invece niente. Bevo sciroppo di mirtilli fatto in casa. Provo a conciliarmi il sonno, provo a conciliarmi, provo a conciliare le ore e i modi. Buonanotte Micky.
È da giorni che è domenica. “Quando capita”. Io credevo potesse essere intenzionale, io almeno lo avrei reso tale. Ma i punti di vista, si sa, sono diversi. Così io guardo verso di te e posso prendere il vento in faccia per ore mentre pedalo, non sono capace oggi di uscire senza direzione, mi spaventa andare in giro, l’unica cosa certa è la mia distrazione. Sai, mi ha detto di non avere paura e mi ha preso per mano, ma il timore era nell’aria, quando sono da sola è difficile che apra gli occhi e che voglia essere altrove, tutt’al più mi viene voglia di essere piccolissima, minuscola, non vista… come quando sparivo nello specchio ma mai altrove. Con lo specchio non ci ho più giocato, mi si blocca lo stomaco se ci penso. Sono tornata a casa, c’era una tisana di frutti rossi, ieri per gioco ho espresso un desiderio ed era rivolto alla volontà di studiare, non ho specificato cosa, così oggi mi sono ritrovata ad aggiornare il mio erbario, un’altra domenica festeggerò. Penso alle uscite in g
È da giorni che è domenica. “Quando capita”. Io credevo potesse essere intenzionale, io almeno lo avrei reso tale. Ma i punti di vista, si sa, sono diversi. Così io guardo verso di te e posso prendere il vento in faccia per ore mentre pedalo, non sono capace oggi di uscire senza direzione, mi spaventa andare in giro, l’unica cosa certa è la mia distrazione. Sai, mi ha detto di non avere paura e mi ha preso per mano, ma il timore era nell’aria, quando sono da sola è difficile che apra gli occhi e che voglia essere altrove, tutt’al più mi viene voglia di essere piccolissima, minuscola, non vista… come quando sparivo nello specchio ma mai altrove. Con lo specchio non ci ho più giocato, mi si blocca lo stomaco se ci penso. Sono tornata a casa, c’era una tisana di frutti rossi, ieri per gioco ho espresso un desiderio ed era rivolto alla volontà di studiare, non ho specificato cosa, così oggi mi sono ritrovata ad aggiornare il mio erbario, un’altra domenica festeggerò. Penso alle uscite in g
(L’arrivo su Marte – La Camera Migliore ) “Tornerò da Marte e ti porterò stivali di piombo, scintille lucenti, strabilianti, cavalcherò stelle e galassie. C’erano bambini e c’erano leoni che giocavano senza sosta, c’erano giganti con stelle filanti a cavallo di un bue” Dicevo: “lo sto facendo ancora…” e aggiungevo il nome, come per dovermi ricordare a chi. Nel frattempo ho trovato questo: “autocommento: se metti le mani sulle orecchie e ti chiudi al freddo puoi sparire su qualsiasi panchina ma poi i rumori si sentono comunque.” Di un’ingenuità patetica. Poi qualche ricordo sparso di Venezia, da un po’ di giorni mi torna in mente il video di Natalija Vujosevic, musica di Marco Radisic, padiglione Serbia, “Nel caso non ti dovessi più incontrare”, una serie di immagini velocissime su due schermi, mentre le guardavo mi passava davanti tutta la loro storia, tutte le loro immagini, oggi invece mi è venuto in mente che potevano anche essere immagini della sua vita, cose che avrebbe voluto rac
(L’arrivo su Marte – La Camera Migliore ) “Tornerò da Marte e ti porterò stivali di piombo, scintille lucenti, strabilianti, cavalcherò stelle e galassie. C’erano bambini e c’erano leoni che giocavano senza sosta, c’erano giganti con stelle filanti a cavallo di un bue” Dicevo: “lo sto facendo ancora…” e aggiungevo il nome, come per dovermi ricordare a chi. Nel frattempo ho trovato questo: “autocommento: se metti le mani sulle orecchie e ti chiudi al freddo puoi sparire su qualsiasi panchina ma poi i rumori si sentono comunque.” Di un’ingenuità patetica. Poi qualche ricordo sparso di Venezia, da un po’ di giorni mi torna in mente il video di Natalija Vujosevic, musica di Marco Radisic, padiglione Serbia, “Nel caso non ti dovessi più incontrare”, una serie di immagini velocissime su due schermi, mentre le guardavo mi passava davanti tutta la loro storia, tutte le loro immagini, oggi invece mi è venuto in mente che potevano anche essere immagini della sua v
E mi rendo conto che è quando capisco d’esser sola che rivendico gli angoli nascosti della mente e me la ritrovo a creare quelle situazioni strane e assurde… che mi fanno sentire folle ma che almeno creano e si lasciano trovare. Oggi, interpretavo, traducevo e capivo che tutta questa irrazionalità mi sta davvero fregando. Dice che devo parlare meno in italiano e di più con mio padre, dice anche di non essere timida, di far finta che la stanza sia vuota… sicuramente più facile di quella che mi faceva parlare con gli sgabelli. (02,42) La verità sembrerebbe assai presuntuosa ma la dico lo stesso: è che ho paura di far innamorare e poi d'innamorarmi. Ma è solo una conseguenza. Il punto è questo, chiederei comunque vicinanza e non avrebbe senso... Dio solo sà cosa ho pensato. è pure una certa ora! Ed io non ho mai voglai di dormire finchè non finisco per crollare e le giornate mi iniziano sempre nel pomeriggio. C'è poco di cui bearsi! L'ho guardata male quando ha detto che in bi
Sui gherigli di noce e non sul ridere e piangere insieme. Mangio tre noci al giorno, non me l’ha detto il dottore, è che a giorni mi vengono delle fisse che porto avanti finchè non sfumano, come i bonsai, come il film o il thè ogni giorno… La parola gheriglio mi fa ridere e guardare i gherigli mi fa sorridere, sono belli.
Ho sentito freddo, con le dita congelate… Riporto i ricordi, confusi, dovrei partire dal concerto degli Shine … Vorrei partire da lì. Poi sono partita altrove. Io e mia cugina , sempre lei, anche al concerto, anche sul treno. Lei che mi conserva il tempo mentre cammino sul filo e incespico sulle parole, noi che ridiamo di luce. Noi delle confessioni notturne e delle porte chiuse, noi spagnole in terra romana col sangue di puglia. Io, ibrido divertito a quel concerto guardavo dal basso con gli occhi dapprima vaganti da un punto all’altro, da una mano all’altra, poi fissi sullo scotch con la plastica attorno di un rosso ipnotico a richiamare tutte le sensazioni in un oggetto con quei suoni e quelle parole non di contorno. Piatto unico in musica, lo condisco con birra ma non è necessario, quasi le lacrime e molti sorrisi. A piedi da sole, come andarsele a cercare, come non voler avere nulla da raccontare, solo dei passi, della paura e dell’insicurezza, del buio e di certe ingiustizie… a c
Ho sentito freddo, con le dita congelate… Riporto i ricordi, confusi, dovrei partire dal concerto degli Shine … Vorrei partire da lì. Poi sono partita altrove. Io e mia cugina , sempre lei, anche al concerto, anche sul treno. Lei che mi conserva il tempo mentre cammino sul filo e incespico sulle parole, noi che ridiamo di luce. Noi delle confessioni notturne e delle porte chiuse, noi spagnole in terra romana col sangue di puglia. Io, ibrido divertito a quel concerto guardavo dal basso con gli occhi dapprima vaganti da un punto all’altro, da una mano all’altra, poi fissi sullo scotch con la plastica attorno di un rosso ipnotico a richiamare tutte le sensazioni in un oggetto con quei suoni e quelle parole non di contorno. Piatto unico in musica, lo condisco con birra ma non è necessario, quasi le lacrime e molti sorrisi. A piedi da sole, come andarsele a cercare, come non voler avere nulla da raccontare, solo dei passi, della paura e dell’insicurezza, del buio e di certe ingiustizie… a c
(prima di partire) Guarda, lo sta facendo anche con me, ridicolo e banale, sono stata messa nella scatola dei ricordi. Torno nei sogni, lo so. Di farlo sparire, diceva, per il suo bene. Diceva. Adesso, siccome la ruota gira, sta a me, che pensa di fare il mio bene. Io in certe scatole ci sto proprio stretta. Non ho mai chiesto parole per regalo, a volte le ho aspettate ma poi sono salita sul mio autobus. Ho creduto che un “Come stai?” sarebbe stato un’invadenza. Ho creduto che un “Come sai” sarebbe stato inopportuno. Ho creduto anche che sarebbe stato sincero.
(prima di partire) Ho una bicicletta nuova, volevo dirlo, sono contenta come una bimba felice. Ho riconosciuto il rumore della catena mentre le sue mani muovevano i pedali nell’altra stanza, l’impazienza di donare sorrisi.
“Ho dovuto seguire un sentiero lungo un precipizio. Qualche volta ho scavalcato il sentiero per buttarmi nel vortice della vita” Edvard Munch
(prima di partire) Voleva svegliarmi con la burrasca dell’abbandono. Non altre parole malcelate, schiettezza e ci credo solo quando arriva il “ciao” mascherato da “addio”. Premo il pulsante e penso all’eleganza dell’abbassare la cornetta piuttosto che il misurato pigiare un tasto, non cambia la sostanza, cambia la forma. Non cambia la sostanza, mi diceva ciao, o così volevo sentire.
(prima di partire) Voleva svegliarmi con la burrasca dell’abbandono. Non altre parole malcelate, schiettezza e ci credo solo quando arriva il “ciao” mascherato da “addio”. Premo il pulsante e penso all’eleganza dell’abbassare la cornetta piuttosto che il misurato pigiare un tasto, non cambia la sostanza, cambia la forma. Non cambia la sostanza, mi diceva ciao, o così volevo sentire.
(prima di partire) Ho un mandarino, fogli sparsi, senza data… Mi consigliano tre catene per legare a me… ci penso su…
(prima di partire) Prometti di non inciampare sulle parole ed io ti farò leggere ogni cosa, ogni sillaba ed ogni modo in cui ho intrappolato il tuo riflesso quando scrivevo di me e per me. Negli spazi più stretti su fogli strappati e piegati in tanti piccoli angoli. Sai cosa c’è? Io mi ricordo degli occhi incollati e del tornare sempre e di nuovo a certe parole, del peso e del calibro di emozioni condivise per iscritto, mi scolleresti gli occhi dall’anima per favore? “Non leccarmi gli occhi mentre ti parlo” E allora ho detto: “No, non scriverò più di te, no, lui non leggerà mai di me”. Io ho scritto ancora e ho tenuto ancora tutto sotto chiave.
(prima di partire) Prometti di non inciampare sulle parole ed io ti farò leggere ogni cosa, ogni sillaba ed ogni modo in cui ho intrappolato il tuo riflesso quando scrivevo di me e per me. Negli spazi più stretti su fogli strappati e piegati in tanti piccoli angoli. Sai cosa c’è? Io mi ricordo degli occhi incollati e del tornare sempre e di nuovo a certe parole, del peso e del calibro di emozioni condivise per iscritto, mi scolleresti gli occhi dall’anima per favore? “Non leccarmi gli occhi mentre ti parlo” E allora ho detto: “No, non scriverò più di te, no, lui non leggerà mai di me”. Io ho scritto ancora e ho tenuto ancora tutto sotto chiave.
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© cluricaun 04-12-05   (03,36) Vorrei essere piccolinissima, minuscola!
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© cluricaun 04-12-05   (03,36) Vorrei essere piccolinissima, minuscola!
Oggi mi maschero da folletto di capricci dei due anni. Oggi calze, maglietta e fascia per i capelli con i colori delle foglie, gonna e stivali spensierati d’asfalto e di buio che sembrano disegnati da me. Oggi raccogliendo le pigne sono inciampata nel fango e in quell’acqua dai mille riflessi ho riso per come appare il mondo a testa in giù. Non gira al contrario, il contrario è il ricordo ed il tornare indietro, mi innalzo tra siepi e la tua voce è lontana mentre cerco di distinguere i sassi tra le parole, a volte mi confondo e poi le riconosco, sono sempre le più lucide. Oggi i capricci, cercami e poi trovami mentre fingi di non vedermi e lasciami chiudere le risate nel silenzio, poi scoprimi, nel cassetto e ridi forte con me e poi salta, salta di gioia mentre canti la mia canzone preferita. Oggi stelle dalle mani, me le disegno sul dorso così che tutti le vedano che non c’è mistero, per certi è ridicolo, per altri è curioso, per me è solo trasparente e fragile assieme. Ti
Quelle volte che ho la faccia da cucchiaio vorrei qualcuno ad accompagnarmi tra i ricordi, ma poi perché sempre il voler condividere? Le cose non si alleggeriscono e non pesano di più con i racconti, né scritti né parlati. Eppure questo flusso che prende le mani e spreca gli inchiostri… Dico a me, datti un’altra possibilità. Nessuno a controllarmi il biglietto.
La prendi una bottiglia Leslie? Ne colleziona sotto agli occhi, le stappa tutte e le lascia aperte, cerca di portarle tutte su un vassoio, fa il giro del pub e me le riporta al bancone. È così solo perché di notte si dimentica di guardarsi dentro, per il troppo preoccuparsi di illuminarsi gli occhi al buio di una strada. Ne prende un’altra, non perde mai il conto… le paga tutte ma una per volta. A fine serata mi aspetta con la testa tra le mani, le svuoto tutte, una per una nel lavandino. Fa solo un sorso dall’ultima che prendo io prima della chiusura, quando non ci sono più vassoi da pulire.
C’è sempre tempo… E oggi è quel tempo, così pioggia, così rumori, così deludente, così rinnovate promesse e così tante premesse, ho le scarpe nuove per andare sotto alla pioggia e per sfidarci il sole, è così notte oggi che ho deciso di salire su un tram per ricordarmi di lasciare a casa ombrello ed aspettative.
“Hai i pantaloni sporchi!”, disse. “Lo so, fuori piove ed io ho un cane contento di uscire con me”, risposi sorridendo.
È solo che in tanto verde io mi perdo e non so più da che parte guardare, dimentico persino di restare e dove volevo andare.
Ogni giro di ruota era un giro di troppo, ogni chilometro mangiato era un chilometro in più. M’importa poco se sono libera da vincoli, m’importa poco della forma se la sostanza è stupefacente, io resto qui. E non è un “torna quando puoi”, è che oggi mi leggo negli occhi e mi pesa un po’ portare pensieri se non posso posarli su te. Scaldi comunque nella mente, un autunno di passi e di foglie, di sorrisi e di sole. Ho legato altri fili intrecciati al polso ed ho espresso un desiderio. Non sentirmi costretta a restare se voglio andare. Non gioco più ad aspettare, solo sono qui e ti vivo a distanza in quella vicinanza che si colma con il peso di alcune sfumature di verde lucente e di grigio leggero, con l’equilibrio di alcune parole che mi ricamano la mente. Riascolto quella musica e non trovo ingiusta la tua assenza in questo vivere, perché non è d’assenza che si tratta, anche se gli sguardi non si incrociano mi scaldo il cuore con quel che resta di te. Ed è sole… peccherò d’ingenuit&
16-novembre-1937 Non è già chiaro tutto il suo destino in un bimbo di tre anni che, mentre lo vestono, pensa inquieto come farà a vestirsi da grande, lui che non sa? (Cesare Pavese - Il mestiere di vivere - Diario 1935/1950)
14-11-05   (15,59) Non è questione di cosa si crede di meritare o meno, è che uno si aspetterebbe che… E già qui parte l’errore, però senza farmi aspettative, posso dirlo che così non mi va bene? A parte la maturità del capire che ci si sta credendo da soli e che la magia è finita, si è trasformata in qualcosa che dovrà ridimensionarsi (spero), o sparire (in tal caso che rabbia il non aver capito!), credo si tratti più che altro di rispetto, che nel sentirmi non rispettata inizio ad inquinare il tutto con voci rancorose e indispettite e per chi vive sui mezzi pubblici tutto sto traffico di pensieri non vale la pena. Qualcuno mi diceva che le donne cercano sempre di uscirne pulite, posso dire adesso che è vero, che però non so se sia più giusta la cura o la fuga. So che non credevo di aver bisogno di questo, che ero una che non si inquietava mai e che ora sto là a rimuriginare facendo male solo a me, che non vale la pena né starci a ripensare da sola ma neppure stare a vomitare su altri
9-11-05    14,52 A pensarci bene… un’illuminazione! Ma come ho fatto?! Lui che (miseria!) abusava così della natura, sempre per eccessi, persino nella catena alimentare. Poi che non reggessi certe motivazioni nei suoi discorsi non l’ho mai tenuto nascosto… Ma chissà che motivazioni avevo io… Fatto sta che è stato presente nei miei sogni e voglio capirne il motivo…
08/11/05    (16,42) “Ormai è l’alba e ho paura di stare a restare da sola a scordarmi di noi…” Poi lo scambio svuotatosi come “guscio di cicala” Magari, almeno ci sarebbe qualcosa da ammirare e non da piangere Me lo immagino un pomeriggio, che c’era da dire che bisogna parlare ma posticipando per non disturbarti i giorni alle mie notti poi ci penso da me a me dovevo pensarci da me e così è stato ma è arrivata la prepotenza di te e non sono stata brava a controllarla non hai idea della delusione del non essere più in grado. Non voglio più niente per non avere nulla da desiderare, lo dicevo che era giusto non aspettarsi nulla ma non capiva, di nuovo vorrei sapere come fa, se si chiama controllo o altro perché io non ho avuto paura a dirmi che nome avesse quello che ho sentito né ieri né oggi. “Prendere o lasciare”, non c’è scusa peggiore per non volersi migliorare.
Della notte prima sulla panchina, tre frazioni prima del colpo al cuore e sei ore prima del sogno che li ha raccolti tutti assieme macabramente e surrealmente, io sempre quella del non consideratemi ma ascoltatemi, io quella dei vermi e del sole, loro nei rispettivi e tuttavia esatti ruoli, un sogno più chiaro di così non ricordo quand’è l’ultima volta che l’ho fatto, così vero da spiazzarmi… Ma dicevo, prima del sogno, lui non protagonista e neanche comparsa: “Che eri strana lo sapevo, ma non fino a questo punto!” Sguardo basso, ginocchia al petto e lacrime affacciarsi… “Io invece lo sapevo…” Poi giustificava dicendo che non sa i miei precedenti… e che spera che io parli, anzi, che io mi "apra col tempo ”… Col tempo… e penso a quanto tempo ancora!
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© cluricaun - 2005 - An Experiment in Navigation / Esperimenti di Navigazione  - Balázs Kicsiny Un lunedì andando al corso con un paio di lancette che hanno corso troppo avanti. Antico plovelbio tinese dice: “Dolmile è un po’ come molile”
5/11/05    (17,02) Come se già sapesse… Di un bianco opaco geniale, ma non invisibile… “…la luna è liquida ed io mi sento… … …”
Camminavo e mi faceva ridere che cantassero altri parole scritte da me. Il guinzaglio era teso e non me ne lamentavo, volevo solo nessuno. Nessuno con cui parlare ed un maglione gigante in cui rannicchiarmi dalla panchina Magia d’autunno. Poi il solito imperativo-domanda. Mi porti dove non ci sono? Senza conseguenza alcuna Ma incomprensibile. Riformulo: mi porti dove non fa freddo? Che a casa c’è vuoto e fuori troppa aria da pulire. Aspettative me ne facevo nolente e le spostavo con il piumino Mio nonno mi aveva insegnato a togliere la polvere Io toglievo le abitudini ma non consideravo la forza di gravità.
Lo ricordo bene: l’anno scorso ho capito l’importanza di non scivolare camminando sul bagnato. Nessuna metafora.
Quando vedo quell’immagine penso sempre che mi dà un’idea di solitudine… Eppure sono in due… Dov’è l’errore percettivo?
(....E cerca 'e me capì' – Pino Daniele) È che erano pezzi suoi, del resto non mi importava granchè, cercavo solo di capire con che occhi ascoltava da sdraiato guardando il soffitto, che poi lo so che non si sdraiava ma mi piaceva immaginarlo così…
Quando inizia a far male vuol dire che non è più un bene?
Poi non lo so, mi ci impegno e guardo il tempo che scorre, non li perdo questi giorni, sono le ore a scivolare, restano impigliate tra i capelli… ma ne ho di fili da intrecciare! Ha detto “mio” ed ero io, c’era un senso di repulsione immediata in quel suo senso di appartenenza, volevo scaraventarlo via con un soffio. Era un ricordo infantile. Stringimi sempre tu che c’è ancora freddo da coprire. Basta davvero così poco per tornare a riva. Sono ancora libera perché i capelli si muovono nel vento, perché gli occhi brillano al sole, perché corro in salita, perché c’è musica ovunque.
Chi non comprende il tuo silenzio probabilmente non capirà nemmeno le tue parole. (Elbert Hubbard)
“Mi basta capire che tu non trovi le parole” Pensavo che se si fosse ritrovato qui non sarebbe stato affar mio e invece poi mi mangiavo le lettere ed invece di essere lettere invisibili erano lettere divorate o ingoiate per intero. Stizzito e deluso nel pensarmi quella dell’ogni tanto e in ogni dove, intristita e delusa io nel pensarlo in ogni tempo e comunque in ogni dove. “Avessi almeno potuto scendere e fermami a mangiare Ma i ristoranti erano tutti pieni e non avevo fame E sono entrato in un portone e dentro un grande ascensore E mi hanno fatto domande sulla mia vita interiore Ed in qualcuna delle mie risposte c’era il tuo nome Mentre la tua città prendeva fuoco sotto al sole” Un giorno ho lasciato che mi portasse ed ero come una figurina adornante, odorava di famiglia straniera quel posto, con nidi e serpenti, poi mi sono innamorata da restarne attaccata, incollata nei pensieri ma attenta a non lasciare tracce su di lui. Non avevo nulla da perdere e nulla da guadagnare, poi quel c
21-10-05   03,37 Mica poche le ombre e neppure le mie preferite… Aspetto l’ultimo quarto di Luna, il 25 mi pare. Ho escluso persone in tutto ciò. Per alcune mi dispiace… di altre solo appena. Ci stanno quelle che vengono sacrificate a fare gli autobus… È poco carino da dire? Forse si, io l’autobus l’ho fatto per alcuni e i ruoli tra attori sono duri da cambiare. A me toccava sempre fare l’autobus stronzo che non si ferma alla fermata, ho incontrato chi doveva scendere e preferiva addormentarsi. Io non voglio scendere ora ma neppure addormentarmi. (oddio, forse addormentarmi qualche ora prima in queste notti aiuterebbe ad umanizzare il mio bioritmo invece di farmi pensare a certe cavolate!)
20-10-05    (02,36) C’era quella storia di quel cane di paese e quel ragazzo mi raccontò di suo nonno che dava pochissime carezze a quel cane che invece lo adorava… Ecco, aspettando adorante… Lui, scodinzolava sempre…
19-10-05    (03,15)   (Moltheni – Tat-na) Mi faccio ombra con la mano. Trattienimi, per favore… Come se avessi in mano le forbici per tagliare i fili sempre sotto agli occhi, ma io quei fili vorrei vederli sempre tesi, anche ora che allenti la presa e dei miei pensieri ne fai supposizioni. Deplorevole, come dire un “Mi ami?” agghindato da un vischioso “per sempre” che la lingua non osa, da tradurre con un “Amami” (che da solo non basta nessuno per nessuno) ed è un’inutile, egoista, imperativo, un comando bestiale che neppure le bestie possono… …si chiede sempre ad altri ciò che si vorrebbe per se stessi… Se qualcuno mi chiedesse di fare in modo che possa amare se stesso penserei ad un’assurdità, nessuno ha certi poteri. Assurdo quanto un filtro d’amore senza intento. Poi ho tirato fuori un sorriso per non farlo preoccupare e mi ha detto di continuare così… Sicuramente meglio un sorriso che altro ma non dovrei farlo per me? Stesso ris
18-10-05     (03,00) “E ancora vado alla deriva e ancora canto… Dovunque io sarò dovunque lei sarà… Sarà al mio fianco… Dalle colline d’africa fino alla polvere delle città potrà cercarmi quando capita, potrò trovarla dove sarà…” (F. De Gregori)
17-10-05   (03,25) Cercando ciò che non si ha. (Tu pensi che a me importi di meno? Rispetto a chi o a cosa e secondo quali parametri?) Comunque credo di si, t’importa di meno o dai per scontato qualcosa che io invece sto pagando per intero. (E chi te lo fa fare?) …
17-10-05    (03,22) “Sei la misura dei miei sogni.” (Shane McGowen)
17-10-05   (03,09) Io dormo a destra anche se a te pare strano, solo che ieri sembrava che volessero salirmi addosso, non riuscivo neppure a respirare come avrei dovuto.
17-10-05   (03,04) Ho paura che sparisca di punto in bianco a lasciarmi da sola con troppi ricordi da controllare. Dipendenza anche questa? Ne ho fatto un’idea ed un’aspettativa? Sta diventando come non volevo? O forse sta solo diventando diverso da come credevo che fosse… È che mi sto perdendo di nuovo e non capisco da chi dipende… (oh, lo capisci benissimo invece…) Chiedo di te ma vorrei solo avere me. Soli in due. Mi sfuggono le basi e avrei bisogno di una lunga chiacchierata, tu avresti bisogno di un po’ di più di un po’ di tempo che non potresti dedicare a me. Ecco perché dovrei, vorrei, occuparmene da sola. Ecco perché mi sento sola. E non è quello che avevo chiesto? Si, ma senza l’illusione di essere in due.
17-10-05   (02,46) Lo penso ancora che è tutto semplice, solo che avrei bisogno di nuovo di tenermi per mano.
Ed è così, scrivo messaggi alle tre di notte che non riesco mai a spedire, così da tre notti, così come sono tre giorni che non mando nient’altro che segnali vuoti.
Ma infatti che senso avrebbe aspettare che passi per caso?   Com’è che non riesco più a volare? Così, mi ero intrisa di pensieri, troppi, dicevo “ho bisogno” ed era solo di me.   Lo giuro, scriverò piano, non accenderò la luce per farlo, sorriderò per rassicurarti anche se nel buio non vedresti.
Se troppo vicina rischio di allontanarmi, o meglio, se troppo vicina come intendo io… Insomma, l’allontanamento è per come lo intende qualcun altro. Troppa censura nelle frasi, nei pensieri, da far schifo... (Non è che poi ti arrabbi?) Certamente, solo che non ne parlo e poi mi resta dentro a germogliare. (E allora come faccio io ad intuirlo?) Forse perché ci vedi qualcosa che sapevi mi avrebbe fatta allontanare. (Ma perché non riesci a parlarne? Ti ricordi di quando non riuscivi a scriverne il nome?) Mi ricordo e mi succede anche adesso, solo che non è più solo un nome, è un intero concetto. Non ho parole per questo, non cerco niente per questo, nessuna considerazione per questo.
Che anche quella era un’illusione, perché siamo soli sempre e non dovrebbe esserci niente di triste in tutto ciò, per cui tu la scelta non la fai perché finalmente ora non ti senti più sola, semmai perché ora dagli altri hai preso un po’ più di forza… e poi? E poi riuscirai a farla tua nel tempo quella forza? O hai semplicemente visto qualcosa che avevi già? A lei  e  di riflesso ai miei pensieri, lei che ascolta, lei che c'è.
Mi son detta: “Non ce n’è bisogno. Arriveranno i mesi freddi” Come se certe attenzioni potessi scegliere quando farle piovere.
(Resta con me – Vinicio Capossela) Volere è Potere. Guarda da questo lato, guarda, guarda, guardami i pensieri che ci plasmo le verità senza consensi. Ma se nel tuo sonno ti arrivano i miei pensieri, com’è che stanotte mi spingevo sul bordo del letto? Come se dovessi far spazio, volevo alzarmi e andarmene. Ed è bello il modo in cui so essere distante nel mio dormire, diceva. Ad analizzarla questa frase sembrerebbe che io voglia starmene per fatti miei in un momento solitario come il sonno o che abbia notato distanza o che non abbia voglia di risvegli dovuti ad un movimento. E di bello invece c’è il fatto che le cose diventano speciali solo per chi le vive. Che due corpi a distanza non si invadono nel sonno. È vero anche che due anime vicine si scaldano, che le mani a contatto invalidano temperature. Mi viene in mente ogni tanto di dovermi dar credito, che mi è stato detto in una sorta di rimprovero. Penso al modo in cui si modificano le cose e come io continui a g
  (02,24)    (Far Away - Shine) Cavoli… Forse è solo il bisogno di indirizzare i pensieri a qualcuno che sorriderà ascoltandoli… Aspettare un sorriso da un display. Mi  regali un altro pezzo di te? Poi scivolo via, un altro solo per oggi che da domani ho una nuvola da accudire… Cosa credi? Ho una cane troppo grande per starmi sulle gambe ma ci ripariamo dal freddo solo standoci accanto. Che pensi? Ci sono delle mani che vogliono imparare a suonare ma sono nostalgiche e si nascondono per timore di restare intrecciate. Lo sapevi che mi diventano le unghie blu quando ho freddo? Certi suoni in certe notti vanno a nascondersi nel cuscino, è per questo che resto fino a tardi ad accudirli, perché si mischino a sufficienza nei sogni, per farmi confondere ancora per un po’… Che quando aspettavo alla fine c’era… Non  nel momento preciso forse, ma non sono io che ho detto che avrei aspettato?   Non aspettavo forse che arrivasse? E non è forse arrivato?
Mi perdo gli occhi sulle luci ma l'umilità...
( 12-10-05    pm    metropolitana) è come se dopo la prima chiave di lettura io fossi stata assolutamente certa della strada da percorrere, come se non avessi mai detto di non aver paura e di essere consapevole dei vari e tanti strati, come se non avessi mai avuto paura. Proseguivo chiedendo volta per volta se addirittura fosse giusto il modo di mettere un piede davanti all'altro. Ma è l'entusiasmo che mi fregava e le scarpe iniziavano a saltellare avanti e indietro, ognuna in una stanza diversa e io lì a rincorrerle. A che servivano dunque le istruzioni senza consapevolezza costante? E delle cose più basse, tipo rispondere all'uomo col coltello? Del mettersi allo stesso piano? Dell'essere sicuri ma alla fine troppo vulnerabili?
5-10-05    (22,45) Dal parchetto, dopo il condizionale arriva l'autunno con le mani dentro al maglione e le felpe sovrapposte, libri con biglietti di treno per ricordare le pagine passate. Monade ancora un pò ma nessuna casa ancora. Soffio sulle mani calore interno, dal cuore per me, verso me. "A me sembra che sarei felice dove io non sono..." Una dedica che interiorizzo. Sento freddo e naturalmente è ottobre.
…qualcuno che sia interessato ad ascoltare i miei sogni.
( Are You / The One That I’ve Been Waiting For? – Nick Cave & The Bad Seeds) Di nuovo il tuffarsi all’indietro nel tempo Guarda che se chiudi gli occhi quando gli altri si preparano al mondo potresti scivolare di sotto. Da sopra, invece, da sopra al sonno e da sotto alle parole che mi rendono insofferente (Beata te! Bella la vita dell’artista!) …e altre cavolate di questo stampo… Mi giro di nuovo, che per una volta ci aveva quasi indovinato, ero a metà del sonno che dovrebbe rigenerare, ero andata a dormire da tre ore e potevo dormirne altre tre, per una volta l’orologio biologico s’era messo nel mezzo tra il Buonsenso e la Magia, così ho potuto dare il buongiorno al mio Angelo e non sapevo neppure se fuori era freddo o caldo. Poi ho preferito altre ore lunghissime interrotte, ma, consapevole e testarda, sogno. C’è questo disco dai suoni autunnali di finestre serrate ed occhi chiusi alla luce, con rumore d’inizio temporale quando ti sei chiuso la porta alle spalle e vai
(l’altro ieri) A volte poi ci si costruisce un mondo a parte in cui vivere per sopravvivere e ci credi così tanto che sia vero che puoi anche crearti amici immaginari, certo poi è un problema se decidi di descriverlo a qualcuno che per un po’ ha deciso di farne parte ed il giorno dopo ti fa notare come sia solo frutto della tua mente e come il mondo vero sia fuori. Che bussino la prossima volta e che l’istrice panciuto non apra a nessuno la prossima volta!
19-09-05    (03,47) Almeno m’insegnasse quali tasti schiacciare e in che modo cambiare direzione al mio umore. Vorrei un sorriso indipendente. “Mi regala il sorriso” ho detto nel cercare un evasione da una definizione. Eppure a volte mi sento una bambina capricciosa nel pensarlo accanto…