Diceva che mi avrebbe fatto bene, che magari sarei tornata cambiata, che si vive anche da soli e anche da soli in due, che non sono simmetrica e che così tutti, che guardando gli occhi cerco irrequieta in entrambi senza fermare un attimo lo sguardo.

Guardavo irrequieta negli occhi e mi chiedevo perché e se si aspettava qualcosa ma era solo la parte razionale a rompere le scatole per potermi dire in un eventuale poi uno stizzito “te l’avevo detto”, così l’ho chiesto, “che cosa ti aspetti da questo viaggio?” e ho pensato “che cosa ti aspetti da me?” e lo chiedevo solo a me, pretenziosa.

Poi sono partita e nessuno dei due ha un orologio da controllare.

La parte razionale rompe ancora a volte ma è sempre quando ha paura, perché ha paura di non essere considerata, ha avuto paura un sacco di volte, quando ero sul sedile accanto e sorridevo e lo sguardo era immobile ed incantato, quando non chiedevo il perché di quelle bottiglie di plastica appese a testa in giù, quando mi sedevo sulla terra e giocavo con il bucanville, quando le mani erano vicine ed erano fonti di calore, per tutte quelle volte in cui non le ho dato importanza, per tutte quelle volte in cui non ti chiedi il perché ma stai bene e non c’è nulla da chiedere o da rispondere.

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