Come se non avessi chiesto altro.
Ho coltivato questo in un anno?
È cresciuto sotto stenti e flebili sospiri assieme al distacco che feroce arriva.
“Non lo so più” e “Ci devo pensare”
E io che dovrei pensare?
Né la sua piccola bambina che anche stavolta l’ha fatta grossa
Né la donna senza ritegno che respira con la testa sotto alle lenzuola.
Cos’è che ha trovato per attaccare così in basso?
Quanti danni che ho fatto, si, lo ammetto, e me ne stupisco anche di riuscire ad essere così tanto cattiva e così tanto ubriaca da dovermi vergognare per cose che sono ricordi suoi, perché i miei si sono cancellati nel sonno.
Ma adesso che vorrei restarti accanto… rimanere…
Penso a quando dicevi che non eri sicuro di farcela perché meritavo qualcosa di più.
A tutte le promesse
A come questo può essere il colpo di spugna per tutto ciò che non va più.
Decidere se vivere con una bomba inesplosa accanto… e lo capisco, per uno che vuole tranquillità e certezze.
Non è la prima volta che faccio paura per l’instabilità e i cambiamenti d’umore.
Peggioro? Non lo so, ma l’autostima non mi è mai mancata e non serve a giustificare nulla ma stasera…
Stasera avrò le orecchie a punta che mi hai regalato un anno fa.
Senza chiedere. Amore.  Ho imparato a chiedere e non mi piace. Ho lasciato che me lo insegnassi.
“Si, lo so, sono capace a non parlare per ore ed ore, a farmi del male”
Ho pensato che dovrei fare di tutto per. E un anno fa non lo avrei mai fatto.
Perché le decisioni vanno rispettate.
“Va contro i tuoi principi”, ha detto, si, lo è ma sono illogica e penso che darei tutto.
“Oltre a questo?”. Oltre a questo niente. Solo questo. Questo “solo questo” che mi riempie la vita.
Che mi si blocca il respiro adesso.
Che non ho mai saputo spiegare o dare voce a quel blocco e tu volevi frasi certe ed esplicative, volevi che dicessi “bravo” o forse un “grazie”.
E invece niente.
Ritagli di quando io non ho avuto paura di stringerti e dirti frasi che aumentavano il pulsare del tuo cuore e attorno lastre di ghiaccio di quando, (si, è per paura, ma non puoi far altro), simulo distacco e me ne compiaccio della mia indipendenza, perché poi penso che alla fine se la volessi davvero avrei una patente e nessuna scusa per non andare da sola, invece resto appesa a quel filo e se stasera non vorrai io non andrò, giusto? E invece no, andrei lo stesso, che conosco gli autobus che portano alla stazione, nulla di male, solo che ostento sicurezza nel viaggio notturno che invece non c’è perché mi fa paura anche quello da brava ragazza italiana media.
Poi quando invece ho pensato al perché non eri là seduto con me, la risposta era un’altra colpa da addossarmi, per il modo in cui ho costruito, per aver dimostrato che non m’importava, che tanto vago benissimo da sola e mi interesso e ascolto musica e mi guardo intorno e non voglio nessuno perché nessuno mi piace… e invece sul nessuno mentivo, ma dovevo dimostrarmi che invece ero felice di essere da sola, felice di non parlare.
Sono cambiata in questo lasso di tempo, tirare fuori le unghie non mi ha resa migliore, perché vivevo bene anche senza.
Che a volte resto interdetta e penso che forse si, è meglio così, e ritorno me quando mi dico che qualunque cosa deciderai per me andrà bene e non è il senso di colpa a dettare pensieri ma il rispetto e se ti aspetti il giochino infantili per cui tu te ne vai e io ti inondo di telefonate beh… non è così.
Fa una scelta, io rispetto e vado avanti.
Mi ha detto “E in quel caso che faresti?”… Piangerei. Ma poi basta. Poi me ne andrei anch’io e ripartirei da zero.
È un peso, un peso enorme l’attesa.

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